Il Native Advertising è la nuova modalità per monetizzare il traffico sul web e si aggiunge al tradizionale banner e al più recente video advertising, che tanto successo ha raccolto negli ultimi mesi. Come riportato da Lettera43 in questo articolo (link) il Native Advertising è il nuovo trend del settore digitale. Le aziende ci investono sempre di più auspicando un ritorno in termini di brand ed awareness, mentre i giornalisti sperano che possa diventare una nuova ed interessante fonte di revenue per le testate. Il branded content, i contenuti sponsorizzati da parte delle aziende che pagano per la realizzazione di un contenuto, per qualcuno è il futuro del giornalismo, per altri la sua fine. Tra i tanti che non condividono l’avvento del Native Advertising c’è l’ormai ex direttore del Corriere della sera, Ferruccio De Bortoli, che nel suo discorso di saluto alla redazione del quotidiano ha detto che «il cosiddetto branded content è rimasto fuori dalle redazioni. Guardatevene, perché è la morte del nostro mestiere e un modesto palliativo all’agonia degli editori».
I publisher e gli editori stanno invece investendo sempre di più in questo modello pubblicitario innovativo e che promette di generare ritorni importanti. Davide Corcione, Head of Agency & Account Management Yahoo Italy spiega a Today Pubblicità che “il native adv acquista ancora più valore come forma di comunicazione su piattaforme mobili che, attualmente, rappresentano la sfida più grande per i publisher perché sono il luogo in cui il traffico si sta spostando sempre di più e da dove arrivano i nuovi utenti. Il mercato sta comprendendo che il native è la soluzione – forse l’unica oggi efficace – per monetizzare da mobile. Ci sono principalmente due tipologie di native, quello in stream adv, che si basa sul contenuto come stream infinito di una pagina che scrolla sia su desktop che su mobile, e un native adv legato ai contenuti che fa content circulation. L’offerta di native adv di Yahoo è del primo tipo, ossia una forma di pubblicità che si integra con la fruizione del contenuto e che non è percepita come pubblicità intrusiva, come confermano i risultati di una ricerca che ha condotto il team research di Yahoo in Italia. Secondo questo studio, il native advertising è considerato per il 47% degli intervistati meno invadente di altri tipi di pubblicità su web e si amalgama bene con i contenuti presenti. Gode di ottima visibilità (il 93% ha dichiarato di notare i native su pc/laptop e l’85% su smartphone, il 21% in più rispetto al tradizionale display advertising) ed è efficace anche in termini di brand awareness, tanto che il 49% afferma di aver modificato positivamente la percezione del brand”.
Negli ultimi mesi i dati ci dicono che gli investimenti pubblicitari sono sempre più spostati verso il mobile. “Lo schermo touch ha cambiato radicalmente il modo in cui gli utenti fruiscono dei contenuti – continua Corcione – soprattutto quando sono sulle app e, considerando che oggi proprio sulle app spendono la maggior quantità del loro tempo, va da sé che il native advertising è molto importante per il mercato della pubblicità digitale”.
Yahoo è una delle principali aziende che hanno creduto da subito alla forza del Native Advertising. La stessa Marissa Mayer ha profondamento cambiato l’approccio di Yahoo alla pubblicità, spostando sempre di più il focus verso l’avertising su mobile e questo si riflette anche per le strategie di monetizzazione proposte ai partner dell’azienda americana.