Lo stato della Native Advertising nel 2014

Hexagram ha da pochi giorni rilasciato una ricerca dal titolo “The State of Native Advertising 2014” che fotografa per la prima volta in maniera organica lo stato della pubblicità nativa nel mondo.

Il 62% degli editori statunitensi hanno già adottato forme di native advertising, da Forbes a The Atlantic, fino ad arrivare recentemente anche al New York Times. Leggermente più freddi verso questa metodologia pubblicitaria sono i marchi, con solo il 41% dei brand che hanno adottato forme di pubblicità nativa e il 34% fra le agenzie pubblicitarie. La ricerca di Hexagram è stata realizzata interpellando più di 1.000 fra editori, addetti al marketing di vari brand ed agenzie pubblicitarie degli Stati Uniti.

Le forme più diffuse sono risultati i post sul blog e gli articoli “pubbliredazionali”. In testa per popolarità nel campo della pubblicità nativa si trovano gli annunci spnsorizzati di Facebook (56%), i video ( 52 %), i tweet ( 46%) e le infografiche (35%).

La maggior parte dei publisher (84%), agenzie (81%) e brand credono che la pubblicità nativa sia effettivamente utile ad aggiungere valore alla loro offerta nei confronti dei consumatori. Il 66% dei brand afferma di creare i contenuti nativi internamente, mentre il 24% si affida ad agenzie ed un altro 24% a publisher.

Per quanto riguarda le motivazioni che hanno condotto ad adottare questo nuovo format, il 67 % degli interpellati ha dichiarato che cercavano di dare maggior rilevanza al loro brand, mentre per il 63% l’ obbiettivo era ottenere un maggior coinvolgimento dei consumatori. Un’altra motivazione molto utilizzati dai brand per implementare campagne di native ads è quella di ottenere l’attenzione dei potenziale consumatore, ormai completamente immerso nelle varie forme di pubblicità e difficile da catturare.

L’indagine ha anche approfondito il motivo per cui alcuni fra editori, agenzie e marchi non hanno ancora attivato forme di Native Advertising all’interno dei loro piani marketing.  Il motivo principale è stata la mancanza di budget e le questioni di bilancio. Segue la scarsità di informazioni e dati sull’effettivo ritorno in termini di traffico e soprattutto conversioni degli investimenti fatti in native advertising. In minima parte le motivazioni sono state relative alla mancanza di sufficiente trasparenza nei confronti dei lettori e di rilevanza per i brand. Il 20% invece ritiene che il settore del native advertising abbia più probabilità di subire dei contraccolpi rispetto alla pubblicità tradizionale .

All’ interno del campione, l’ 11 % degli editori, il 23 % delle aziende e il 18% delle agenzie non hanno nessun progetto per l’ utilizzo di native avertising per il futuro.

La ricerca è scaricabile da qui: The State of Native Advertising 2014

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Armando Travaglini
Armando Travaglini è consulente e formatore sui temi del web marketing e lavora con le PMI italiane per la definizione delle migliori strategie per ottenere la massima visibilità online. armandotravaglini.it | digitalmarketingturistico.it

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